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Italo Tomassi pittore - scenografo

Italo Tomassi: a life in art ... not just film. (2010) (ITA)

Articolo apparso il mese di febbraio 2010 su “Il Nuovo Papiro” notiziario edito dalla Associazione Italiani d’Egitto (AIDE)

 

In generale i “vernissage” sono spesso occasioni per socializzare, vedere e farsi vedere, da dimenticare non appena varcata l’uscita. Non è certo questo il clima che si percepiva, l’8 Gennaio scorso, all’inaugurazione della mostra romana dedicata a Italo Tomassi, Pittore in Cinecittà, padre di Daniela Sebasti, moglie di Alessandro di cui tutti conoscete l’impegno nelle iniziative promosse da AIDE, quali l’esposizione sugli anni del Fayed a Cittaducale.

Daniela è riuscita a comunicare a tutti i presenti, il suo coinvolgimento nel voler commemorare una figura che per più di cinquant’anni ha dato un contributo fondamentale all’arte, applicando la sua genialità soprattutto al mondo del cinema, ma con una creatività tale che sarebbe riduttivo chiamarla “arte cinematografica”. Delle sue innumerevoli opere, dei disegni e bozzetti preparati per vari film, sono stati scelti i più significativi; mi hanno colpito in particolare: la rappresentazione del transatlantico Rex per “Amarcord” di Fellini e , sempre dello stesso Fellini, la scena dell’apparizione della casa romana in fondo al tunnel della metropolitana in costruzione nel film “Roma”. Fu Tomassi che dipinse gli affreschi e che inventò il modo per farli dissolvere in uno dei momenti più suggestivi del film.

La sua inventiva, le sue capacità creative, furono apprezzate non soltanto da Fellini ma dai più grandi registi dell’epoca in cui Cinecittà era veramente Hollywood sul Tevere: King Vidor in “Guerra e pace”, William Wyler in “Ben Hur”, Carmine Gallone in “Tosca” e “Cartagine in fiamme”, J. L. Mankievicz in “Cleopatra”, Robert Aldrich in “Sodoma e Gomorra”, Anthony Mann in “La caduta dell’Impero romano” e tanti, tanti altri quali John Houston, Franco Zeffirelli, Luchino Visconti, Stanley Kramer, Pier Paolo Pasolini, che si avvalsero dell’opera di Italo Tomassi.

In un’epoca in cui i computer e la tecnologia erano ancora agli albori, egli dimostrò di saper creare con la sua arte e le sue capacità tecniche effetti ottici tutt’oggi insuperati per bellezza, fantasia e decoratività. Era talmente bravo che, come ci ha raccontato Daniela, creò un gatto finto, con gli occhi sbarrati, per fare uno scherzo alla moglie, presente e commossa alla cerimonia, riuscendoci in pieno. Come ci ha ricordato il critico Alfredo Baldi nel suo intervento, aveva dipinto uno sfondo per il film “La Regina delle Amazzoni” talmente bene che i cavalli si erano lanciati al galoppo credendolo vero.

Sono io stesso, come Daniela e come Alessandro Sebasti, figlio di pittore e anche per questo non riesco a nascondere l’entusiasmo per le opere d’arte che meritano tale appellativo. E’ così difficile, oggi, uscire da una mostra di autori contemporanei appagati da ciò che abbiamo visto.

C’è sempre una domanda che continua a tormentarci senza trovare una risposta: “Ma questi sanno almeno disegnare?” Italo Tomassi lo sa, eccome. Basterebbero i vari bozzetti sulla Pietà e sulla Deposizione per dimostrare la sua forza espressiva e la padronanza del segno. Spero di tutto cuore che la mostra si possa riproporre in altra sede per invitare tutti i lettori a visitarla, augurando che tale iniziativa si realizzi quanto prima, e ringraziando non solo Daniela, ma anche la Regione Lazio nella persona dell’ architetto Prisco e la dottoressa Conti della Società Cooperativa ARX, per aver reso possibile la presentazione dell’opera straordinaria di un uomo che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte, non solo del cinema.

 

Roberto Ruberti